Breve guida sulla divisione ereditaria in Italia
Sei un erede e hai bisogno di sapere come affrontare il processo di divisione ereditaria in Italia? Sei nel posto giusto. Ti spiegheremo gli aspetti fondamentali da considerare e, in ultimo, chiariremo anche come individuare la giurisdizione e la competenza in caso di divisione giudiziale. (Se sei interessato ad approfondire la successione ereditaria in generale, puoi consultare questo altro articolo del nostro blog).
Cosa è la divisione ereditaria e quando è necessario farla?
Quando un soggetto muore, i suoi beni sono trasferiti a coloro che hanno provveduto ad accettare l’eredità. Questi ultimi, subentrando nei diritti del “de cuius”, diventano comproprietari dei beni oggetto della successione in base alla propria quota. Questa comproprietà viene definita “comunione ereditaria”.
Chiaramente, alcuni eredi potrebbero avere interesse a sciogliere questa comunione ereditaria al fine di ottenere la propria porzione di eredità.
Ed ecco che la divisione ereditaria costituisce uno dei modi principali per sciogliere la comunione ereditaria. Attraverso di essa, ossia attraverso alcune procedure legali, si possono attribuire a ciascun erede i beni corrispondenti alla sua quota.
Quali sono i modi per dividere l’eredità?
Vi sono tre modi per effettuare la divisione ereditaria in Italia:
- divisione compiuta dal testatore
- divisione contrattuale
- divisione giudiziale
Vediamole nel dettaglio.
Divisione ereditaria compiuta dal testatore
In questo caso, è il testatore stesso, nel suo testamento, a decidere la divisione dei beni tra gli eredi. Così, dopo la sua morte, non si formerà la comunione ereditaria sui beni. Ogni erede, dopo l’accettazione dell’eredità, vedrà assegnati i beni già divisi.
Divisione ereditaria contrattuale (accordo tra eredi)
La divisione contrattuale costituisce la modalità principale per porre fine alla comunione ereditaria in Italia.
È un accordo privato (“contratto di divisione”), che può essere utilizzato quando non vi sono conflitti tra gli eredi sull’assegnazione dei beni ereditari. Non a caso, si parla anche di divisione “amichevole”.
In questo caso, i partecipanti ricevono una parte del valore corrispondente alla loro quota, definita “apporzionamento”.
Nel contratto di divisione è necessario che siano coinvolti tutti i coeredi, altrimenti si incorrerà nella nullità del contratto stesso.
È un atto di straordinaria amministrazione che modifica in maniera sostanziale il patrimonio dei partecipanti. Infatti, trasferisce la proprietà dei beni ereditari ai singoli eredi e può anche richiedere la vendita di un bene immobile difficilmente divisibile, con la successiva divisione del ricavato.
Attenzione. Quando sono coinvolti beni immobili, il contratto di divisione deve essere redatto per atto pubblico da un Notaio.
Vediamo le tre fasi principali attraverso cui può essere suddiviso il contratto di divisione ereditaria in Italia:
- ricostruzione e inventario della massa ereditaria: prima di procedere alla divisione dell’eredità, è fondamentale che ogni erede includa nella massa ereditaria tutti i beni che sono stati ricevuti in vita dal de cuius. Sono considerati anche i debiti. In casi eccezionali, gli eredi potrebbero non essere obbligati a includere i beni ricevuti in vita o esser stati dispensati dal farlo da parte del donante
- stima dei beni: valutazione dei beni ereditari secondo il loro valore di mercato al momento della divisione ereditaria. Questo passaggio è fondamentale per la divisione di beni immobili, ma non è necessario se si tratta solo di beni dello stesso tipo (es. denaro)
- divisione effettiva dei beni: solo in questa terza fase gli eredi possono prelevare dalla massa ereditaria i beni in maniera proporzionale alle loro quote.
In caso di problemi relativi alla divisione ereditaria in Italia, quali sono i rimedi disponibili a tutela degli eredi?
L’atto di divisione ereditaria contrattuale in Italia può essere impugnato in determinate circostanze. Vediamo le principali.
- impugnazione per violenza o dolo: se si sono verificati comportamenti violenti o ingannevoli, si può annullare il contratto di divisione ereditaria entro 5 anni dalla fine della violenza o dalla scoperta del dolo. Attenzione. Se un erede ha venduto la sua parte dopo aver scoperto la violenza o il dolo, perderà il diritto di impugnare l’atto di divisione.
- errore nell’omissione di beni ereditari: se per errore non sono stati inclusi uno o più beni ereditari non vi è una causa sufficiente per annullare l’atto di divisione ereditaria (a meno che l’errore non sia stato il risultato di violenza o dolo). Ad ogni modo, si può correggere questa situazione attraverso un supplemento all’atto di divisione ereditaria.
- azione di rescissione per lesione (articolo 763 del Codice Civile): azione che è possibile intraprendere da parte di un coerede che ritiene di essere stato svantaggiato oltre il quarto della quota a sé spettante. L’azione va intentata entro 2 anni dalla divisione e può farsi anche nel caso in cui la divisione sia stata stabilita direttamente nel testamento dal de cuius. Il fine ultimo è garantire che ogni erede riceva effettivamente la sua quota.
L’erede contro il quale è stata presentata questa azione può interrompere il processo e offrire un supplemento in denaro o in natura all’attore e agli altri coeredi associatisi all’azione di riduzione.
Il consiglio è quello di coinvolgere sempre un avvocato esperto nella materia per fare in modo di trovare un accordo equo e rispettoso dei diritti di tutti gli eredi, riducendo i costi e le lungaggini.
Divisione ereditaria giudiziale (per ordine del giudice)
Se i coeredi non riescono a trovare un accordo per procedere allo scioglimento della comunione ereditaria in Italia, una soluzione è quella di rivolgersi al Tribunale competente, con la richiesta di procedere alla divisione giudiziale dell’eredità.
Attenzione. Prima di avviare il giudizio, è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione dinanzi ad un organismo di conciliazione riconosciuto dal Ministero italiano.
Instaurata la causa, possono prodursi in giudizio gli elementi per dimostrare le tesi delle parti (es. considerazioni sul valore dei beni dell’eredità). Vi può essere anche l’intervento di un consulente tecnico, su incarico del Giudice, per effettuare la stima del valore dei beni e valutare la materiale divisione degli stessi. La relazione del consulente tecnico viene, poi, utilizzata dal giudice per redigere il progetto di divisione con cui si stabilisce come e a chi degli eredi verrà assegnato un determinato bene.
Predisposto il progetto di divisione, questo viene depositato in cancelleria per permettere agli interessati di prenderne visione e avanzare eventuali contestazioni. È fondamentale che tutti i partecipanti al processo di divisione siano coinvolti e soddisfatti in ordine alle modalità proposte.
Se non vi sono contestazioni e il progetto divisionale è approvato, viene dichiarato esecutivo e ciascuna delle porzioni di beni può essere attribuita al relativo comproprietario. Questo è il momento in cui si stabilisce in maniera definitiva la ripartizione delle proprietà comuni.
Nel caso in cui non sia possibile dividere in maniera equa i beni oggetto di comunione e nessuno dei comproprietari ne richieda l’attribuzione, il Giudice competente può disporre la vendita di questi beni. Il ricavato della vendita verrà poi distribuito fra gli aventi diritto in base alle quote di partecipazione.
Se le parti non sono soddisfatte della divisione, hanno facoltà di rivolgersi ad un Collegio di giudici che deciderà sulle osservazioni proposte.
Come si individua la competenza e la giurisdizione per le cause ereditarie come quella di divisione ereditaria?
Il foro speciale per le cause ereditarie (“forum hereditatis”), secondo il Codice di Procedura Civile italiano, è individuato nell’articolo 22 relativo alla competenza territoriale. Si prevede che, per queste cause, «è competente il giudice del luogo dell’aperta successione».
Inoltre, nel caso in cui la successione sia stata aperta all’estero e la causa rientri nella giurisdizione del giudice italiano, l’articolo 22 del Codice di Procedura Civile, al secondo comma, indica due fori sussidiari concorrenti:
- quello del giudice del luogo in cui è situata la maggior parte dei beni ereditari
- oppure, quello del giudice del luogo in cui è stabilita la residenza del convenuto o di uno dei convenuti (se non vi sono beni ereditari sul territorio nazionale).
“Il giudice del luogo dell’aperta successione”: quale criterio?
Se la successione è stata aperta in Italia, il giudice territorialmente competente per le cause ereditarie è da individuarsi secondo il criterio dell’ultimo domicilio del de cuius, ossia con riferimento al luogo in cui il defunto aveva stabilito il proprio domicilio al momento della morte.
Questo criterio di determinazione del foro per le cause ereditarie si ricava congiuntamente dall’articolo 22 del Codice di Procedura Civile e dall’articolo 456 del Codice Civile (“la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”).
L’ultimo domicilio del defunto, in pratica, coincide con il luogo in cui il soggetto aveva stabilito il centro principale dei propri affari ed interessi materiali, economici, sociali, morali e familiari. Anche se questi interessi solitamente confluiscono nel luogo di abitazione, l’ultimo domicilio del defunto potrebbe anche non coincidere con il luogo in cui egli stesso aveva di fatto stabilito la propria residenza o abitazione.
Si tratta, inoltre, di un foro esclusivo, ma derogabile dalle parti. Ciò significa che le parti potrebbero stabilire convenzionalmente un foro diverso rispetto a quello del «giudice del luogo dell’aperta successione», come stabilito nell’articolo 28 codice di Procedura Civile.
Il secondo comma dell’articolo 22 codice di procedura civile tratta delle cause relative ad una successione aperta all’estero. Attenzione. Le regole dettate in questa norma riguardano la competenza e non la giurisdizione; quindi, se il giudice italiano, in relazione ad una causa ereditaria, non ha giurisdizione (articolo 50 della Legge numero 218/1995 in materia di diritto internazionale privato e processuale), la causa non potrà essere delibata da parte del giudice nazionale.
Una volta accertata la giurisdizione del giudice italiano, le cause previste dal secondo comma vanno proposte davanti al giudice italiano del luogo dove è stabilita la maggior parte dei beni del defunto. Per determinare quest’ultima, si adottano i criteri stabiliti dagli articoli 14 e 15 del codice di Procedura Civile (competenza per valore di mobili ed immobili).
Se non ci saranno beni ubicati sul territorio nazionale, si ricorrerà al criterio generale previsto dall’articolo 18 del codice di Procedura Civile (luogo di residenza del convenuto o dei convenuti).
Infine, affinché sussista la giurisdizione italiana, occorre tenere in conto l’articolo 50 della Legge 218/1995 che prevede le seguenti condizioni alternative (basta che ne sussista una):
- il de cuius era cittadino italiano al momento della morte
- l’apertura della successione è avvenuta in Italia
- la parte dei beni ereditari di maggiore consistenza economica è stabilita in Italia
- il convenuto in causa è domiciliato o residente in Italia o ha accettato la giurisdizione italiana (tranne che la domanda sia relativa a beni immobili situati all’estero)
- la domanda è relativa a beni situati in Italia.
Conclusioni
Ci auguriamo di aver chiarito gli aspetti salienti sulla divisione ereditaria in Italia. Se hai bisogno di consulenza o assistenza puoi contattare un nostro avvocato specializzato in materia di successioni ereditarie.